PIERRE JOSEPH d' HAUTERIVE BOREL

 

Pierre Joseph d'Hauterive Borel, che si farà chiamare Pétrus e soprannominare il "licantropo", resta uno degli scrittori più interessanti di quel gruppo pressocchè indefinibile cui si è dato l'appellativo di "piccoli romantici". Era solito sfoggiare un gilè alla Robespierre, una barba da orco e non perdeva occasione di mostrare la sua superba dentatura di felino; insomma un dandy stile terrore. Sottoposto al fuoco di fila dei suoi contemporanei, troppo stravagante ed irrispettoso per poter collaborare ai grandi quotidiani , troppo compromesso politicamente, Borel finì per rinunciare, almeno parzialmente, alla letteratura. La sua licantropia è l'incapacità di porre se stessi in equilibrio, una infelicità che nasce dalla sensazione di essere diversi, il sospetto che la natura, la vita stiano in agguato, pronte a scattare come la lama che mozza il capo di Apolline (suo personaggio femminile dei Racconti Immorali) e che ci sia sempre qualcuno come il danaroso inglese M. de l'Argentiére (altro personaggio dei Racconti) disposto ad allestirci trappole o a godere dei nostri mali.

Per Borel la società è un'assemblea di ingannati o di mostri, le vie sono coperte dai cadaveri dei suicidi, la luce del sole è nemica, ci si può salvare a malapena con la magia nera, o uccidendo prima di essere uccisi, o col sarcasmo, ma anche in tali casi non si è al sicuro. Scendendo nelle vie si rintraccia una sorta di forza maligna che analogamente ad un colpo di vento in una ragnatela, scompiglia, infrange l'ordine delle cose. Nulla si salva dalla bruttezza o dalla malvagità. Il Dio ordinatore delle cose si è rintanato chissà dove (o non è mai esistito, spauracchio per i più creduli), le cose, gli eventi si succedono alla rinfusa, senza un ordine logico, senza uno scopo, senza una necessità.

Il 25 febbraio del 1830 capeggia il gruppo dei "Jeune France"( i giovani dall'abbigliamento vistoso, dalle pose sguaiate) alla prima di Hernani; l'anno fatidico che impresse una svolta alla letteratura francese e insieme all'esistenza di Borel. Alcuni mesi più tardi, la battaglia si trasferirà in piazza, si tratterà di Carlo X, e la rivoluzione non si limiterà al vocabolario e alle norme aristoteliche. Sono giunti i giorni della verità: la convinzione che il poeta potesse agire sulla realtà viene messa alla prova, si può non amare il prossimo, ma si deve odiare chi si ritiene ingiusto e tiranno. Carlo X rappresenta il residuo guasto e velenoso di un passato che tutti ammirano e tengono in considerazione. Borel partecipa alla battaglia, la vince insieme agli altri insorti, il re viene cacciato, ma un altro ordine subentra all'ordine precedente, e si ritrova in carcere. Ridotto in miseria, sceglie l'Africa quale terra d'esilio e d'elezione. Partendo per l'Algeria, Borel sposò la giovanissima figlia della propria amante, e con la moglie e la suocera durò poi per anni in un autentico "ménage a trois". Qui ricopre diversi incarichi pubblici, con buona fortuna dapprima e in mezzo a traversie sempre crescenti, poi. Decaduto dal suo ufficio, in miseria, si spegne nel 1859, a soli cinquant'anni, dopo essere diventato padre.

 

 

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